Con fair play si intende la pratica di giocare in modo corretto; ma questo implica non solo il seguire le regole del gioco, ma anche, e soprattutto, saper modellare il proprio comportamento in modo da essere rispettosi verso gli altri e verso sé stessi: è necessario essere in grado di gestire le proprie emozioni, non si può insultare un avversario, né tantomeno usargli violenza, bisogna controllarsi anche nell’esultare, in quanto la nostra eccessiva gioia potrebbe risultare offensiva per altri e soprattutto bisogna essere in grado di accettare la sconfitta. 

Tuttavia, il fair play non è parte solo del mondo sportivo: banalmente nel mondo scolastico è una presenza costante. Quando si riceve una valutazione negativa a scuola, così come nello sport, è fondamentale riuscire ad accettare l’opinione della giuria: infatti i nostri giudici, che siano insegnanti o giudici sportivi, sono persone qualificate per quello che fanno e non sta a noi mettere in discussione il loro giudizio; ciò che dobbiamo fare, è prenderne atto: accettare il voto negativo e spingerci oltre, capire quali sono stati i nostri errori durante la preparazione e fare in modo di evitarli da quel momento in avanti. Ovviamente abbattersi è normale, è umano ed è impossibile non avere piccoli momenti di sconforto di fronte a una delusione: l’importante è saper porre un fine a questo sconforto, saper imparare dai nostri errori e fare meglio in futuro. 

Fair play, ovviamente, non è solo il saper accettare la sconfitta: bisogna in generale moderare le emozioni e non insultare né essere irrispettosi verso gli altri, ma questa, d’altronde, non è altro che educazione. Dunque, si può, a mio parere, definire il fair play come un insieme di atteggiamento positivo ed educazione, unito ovviamente alla buona conoscenza delle regole del gioco, che ci permette di non giocare in modo scorretto. 

Un altro fondamentale aspetto del fair play è quello che si oppone al doping; anche in questo caso, vorrei spiegare la mia opinione al riguardo con un paragone scolastico: nel momento in cui uno studente prende un bel voto in una verifica, nella quale ha copiato ogni singola risposta, è davvero una sua vittoria? Sta portando disrispetto non solo verso i suoi compagni, che, a differenza sua, hanno studiato giorni e giorni per ottenere il risultato che si meritano, ma soprattutto verso sé stesso: anzitutto ha ottenuto un giudizio ottimale, ma completamente immeritato, cosa che non lo farà mai sentire completamente soddisfatto con sé stesso; e in secondo luogo, non ha imparato nulla. Dunque, quel copiare l’ha portato a una falsa soddisfazione e a una reale ignoranza. 

Il doping, come ogni forma di imbroglio nello sport e non, è lo stesso: ci porta a una vittoria falsaria, di cui non potremo mai essere contenti, in quanto è stata ottenuta prendendoci gioco di noi stessi, degli altri e della giuria, e quindi, se non si è altruisti e corretti, tanto vale essere egoisti e giocare correttamente per sé stessi e per poter declamare una vittoria reale, anziché cinque vittorie fittizie. 

In sintesi, dunque, ritengo che non solo sia giusto, ma anche fondamentale seguire il fair play, anche se questo potrebbe portarci alla sconfitta. 

Un esempio eclatante di fair play è quello di Luz Long, durante le olimpiadi di Berlino del 1936 organizzate da Adolf Hitler: il saltatore tedesco, infatti, nel momento decisivo della gara ha aiutato un avversario, consigliandogli il miglior modo per staccare da terra e saltare dentro la sabbia, consiglio che valse a Jesse Owens la medaglia d’oro. Questo ci mostra che il fair play consiste, oltre che in tutti gli elementi elencati in precedenza, nel dare a tutti la possibilità: Luz, in questo modo, ha avuto una gara leale, in quanto entrambi gli atleti conoscevano il segreto per la vittoria, che è stata dunque conseguita da quello che effettivamente la meritava, avendo avuto entrambi gli stessi identici mezzi. 

Beatrice Sanpaolo
5 A Classico