Secondo la leggenda, Cartagine sarebbe stata fondata da Didone, una regina di Tiro che, dopo che il fratello ebbe ucciso suo marito per impossessarsi delle ricchezze, fuggì dalla patria. Il capo che controllava la ragione le garantì tanta terra quanta ne avrebbe coperta una pelle di bue, allora Didone la tagliò in striscioline sottili e le dispose in fila, poi circondò la collina e la ottenne per sé e la sua gente. 

Ma poi un esule troiano sbarcò nella sua terra, e lei ne rimase affascinata fin dal primo momento. Tuttavia temeva che questa attrazione sciogliesse il suo pudore, il sentimento che la teneva fedele al marito defunto, sulle cui ceneri aveva fatto un giuramento eterno. In breve tempo quest’attrazione si trasformò in un amore intenso, bruciante, rovente come il fuoco, ma alla fine lui se ne andò, lasciandola in preda a un dolore così acuto da spingerla al suicidio.

Tutte le iniziali intenzioni di Didone si sciolsero come la cera, quando arrivò un nuovo fuoco a dominarla, a incoronarla proprio come le fiammelle fanno con le candele. Prima il fuoco abbraccia lo stoppino con false promesse, lo coccola, gli concede il suo calore, poi lo consuma, pronto a rovinare la candela fino a raderla al suolo, fino a distruggerla del tutto. È questo l’amore quindi? È questa la vita?

Ma adesso torniamo a Cartagine. Alla fine della terza guerra punica, il generale romano Publio Cornelio Scipione Emiliano assediò Cartagine per ben tre anni, prima di espugnarla. I romani saccheggiarono la città, poi appiccarono il fuoco e la rasero al suolo, non lasciando in piedi nemmeno due pietre l’una sull’altra. Il mito moderno narra che i romani ararono il suolo e sparsero sale tra i solchi perché non crescesse più nulla. Gli autori antichi, invece, dicevano che Scipione Emiliano, nel dare l’ordine di distruggere la città, avesse pianto. 

Ma sta di fatto che Cartagine risorse dalle sue ceneri, come una fenice. Lo farà anche Ethan? Lo farà anche la sua città? 

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